Differenze tra PARA e GTD; progetti

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PARA è un metodo di produttività personale proposto da Tiago Forte, l’autore dei libri “Building a Second Brain” e “The PARA Method”. PARA si ispira dichiaratamente a GTD®, ma… con qualche differenza. Ad esempio in GTD® un progetto è definito come “Qualsiasi traguardo che richieda più di un’azione e che può essere conseguito entro un anno”, mentre in PARA un progetto è definito come “Qualsiasi attività caratterizzata da una deadline e da un obiettivo che ci consenta di considerarla completata”. In PARA gli obiettivi senza attività e senza deadline sono considerati “sogni”, mentre i progetti senza deadline e obiettivo sono considerati “hobby”. Questa definizione mi ha consentito di ridurre considerevolmente il numero dei progetti attivi, aumentando di conseguenza la focalizzazione. Provate a rivedere criticamente la vostra lista di progetti accertandovi che ogni progetto abbia attività, obiettivo e deadline!

Semplificare la Weekly Review® GTD®

Oggi è venerdì, giorno di Weekly Review®, croce e delizia di tutti i fan di GTD®! Vi voglio svelare un segreto; qualche anno fa ho partecipato a un incontro ad Amsterdam con gli altri coach e trainer GTD®, abbiamo fatto un sondaggio e in media i partecipanti facevano la Weekly Review®… una volta ogni quattro settimane. Insomma, nessuno è perfetto. Proviamo a semplificarci la vita mettendo in priorità gli 11 step della Review.

  • Step 1 – Radunate materiale e fogli sparsi. Bassa priorità. Oggi come oggi abbiamo pochissimo materiale e fogli sparsi, e in ogni caso possiamo metterli a posto in qualsiasi momento, senza sprecare le energie destinate alla Review.
  • Step 2 – Svuotate le inbox. Bassa priorità. Questa attività va fatta poco alla volta ogni giorno, non ha senso sprecare tempo ed energie qui.
  • Step 3 –  Sgomberate la mente. Bassa priorità. Fate Mind Sweep quando ne sentite il bisogno, magari ogni mattina, non necessariamente prima della Review.
  • Step 4 – Passate in rassegna le liste Prossime Azioni. Alta priorità. Probabilmente nelle vostre liste prossime azioni si nascondono attività che stanno diventando urgenti e dovrebbero essere inserite nel calendario della prossima settimana.
  • Step 5 – Ricontrollate i dati vecchi sul calendario. Alta priorità. Probabilmente non tutte le attività che avete sul calendario della settimana sono state completate, agite adesso che ancora vi ricordate come sono andate le cose.
  • Step 6 – L’agenda futura. Alta priorità. È probabile che nelle prossime 3-4 settimane ci siano impegni che richiedono la vostra attenzione oggi, e Prossime Azioni nella settimana entrante.
  • Step 7 – Riprendete la lista “In attesa”. Alta priorità. È probabile che dobbiate sollecitare qualcuno che deve fare qualcosa per voi e ancora non lo ha fatto.
  • Step 8 – Revisionate le liste “Progetti” e “Grandi Obiettivi”. Alta priorità. È molto probabile che durante la settimana le attività quotidiane vi abbiano distratto dai vostri progetti. Guardateli attentamente uno per uno e stabilite come agire durante la prossima settimana.
  • Step 9 – Passate in rassegna ogni checklist rilevante. Inutile. È sufficiente collegare le checklist al calendario per essere avvisati automaticamente della necessità di attivarne una. Non c’è bisogno di utilizzare il tempo della Review.
  • Step 10 – Ricontrollate la lista Prima o Poi / Forse. Bassa priorità, almeno per me. Difficile che gli elementi della lista “Prima o poi / Forse” si attivino a comando ogni settimana. Una lettura mensile dovrebbe essere sufficiente.
  • Step 11 – Siate creativi, ma anche coraggiosi. Bassa priorità; non c’è bisogno di aspettare la Weekly Review per essere creativi e coraggiosi!

Con questi suggerimenti riesco a completare ogni settimana la Weekly Review in 30′. Buona review!

Il metodo 3/3/3 

Oliver Burkeman, autore del bestseller Four Thousand Weeks, tradotto in italiano con il titolo “Come fare per avere più tempo” propone un metodo di produttività denominato “3/3/3”: – dedicare tre ore al progetto attuale più importante, dopo aver definito una sorta di obiettivo specifico per i progressi che intendiamo compiere quel giorno; – portare a termine tre compiti più brevi, di solito urgenti o “appiccicosi” che abbiamo evitato, di solito di pochi minuti ciascuno (incluse anche le chiamate e le riunioni); – dedicare del tempo a tre “attività di manutenzione”, cose che richiedono la nostra attenzione quotidiana per far funzionare la vita senza intoppi. Il metodo si basa su tre principi fondamentali: – Non vuole essere una lista esaustiva delle cose da fare, ma una selezione delle cose più importanti e che verranno sicuramente portate a termine – L’idea è quello di non impegnare tutto il tempo che si ha a disposizione, dal momento che in genere le nostre stime sono sempre troppo ottimistiche – È strutturato in modo lasco, non sovrastrutturato o destrutturato, per generare quella che Burkeman chiama “pazienza attiva”; accontentarsi di fare di meno in una giornata specifica per fare di più nel lungo periodo.

4000 settimane o 185 miliardi di esperienze?

Sto (ri)leggendo Flow – Psicologia dell’esperienza ottimale di Mihály Csíkszentmihályi, e sono stato colpito da alcune affermazioni sulla natura della nostra coscienza.

  1. La nostra vita è la somma delle nostre esperienze coscienti
  2. Le nostre esperienze sono limitate dalla capacità di elaborazione del nostro sistema nervoso, che sembra essere in grado di elaborare 7 bit di informazione contemporaneamente (su questo tema potete anche leggere The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on our Capacity for Processing Information, di George A. Miller)
  3. Secondo Csíkszentmihályi due esperienze possono essere discriminate solo se tra l’una e l’altra trascorre almeno 1/18 di secondo
  4. Un rapido calcolo ci porta a stimare in 185 miliardi il numero di esperienze che – almeno in teoria – possiamo provare in una vita intera.

Tutto ciò premesso mi sembra che concentrarsi sulla durata della vita (le famose 4.000 settimane di cui parla Oliver Burkeman nel suo libro “Come fare per avere più tempo”) sia meno interessante che concentrarsi sulla qualità delle esperienze che viviamo. Mi sembra anche che le 4.000 settimane di Burkeman ci spingano verso una “mentalità della scarsità”, ovvero ci portino a dire che la vita è breve; i 185 miliardi di esperienze da vivere, invece, ci possono spingere verso una “mentalità dell’abbondanza”, nella quale considerare che la vita può contenere una enorme quantità di esperienze significative.

Ah, ho chiesto a ChatGPT 4 di prepararmi un’immagine per questo post, spero vi piaccia….

Obiettivi realistici

Secondo Mihaly Csikszentmihalyi per vivere esperienze ottimali è necessario darsi degli obiettivi realistici. David Allen, che si è ispirato a Mihaly Csikszentmihalyi, classifica questi obiettivi in Progetti in corso, Ambiti di interesse e di responsabilità, Obiettivi, Finalità e principi. Tiago Forte, che si ispira a David Allen, parla solo di Progetti e di Aree di responsabilità.

Ho riflettuto a lungo su queste classificazioni, e alla fine ho deciso che progetti, aree di responsabilità, obiettivi e finalità sono in fondo in fondo la stessa cosa; per semplicità userò il termine intenzioni, che secondo me rende meglio l’idea del termine “progetto”.

La nostra mente non può non generare intenzioni; siamo in qualche modo “condannati” a immaginare un futuro diverso dal presente. Fino a quando le intenzioni sono coerenti e allineate tra loro tutto va bene, e percepiamo armonia nella nostra mente; se le intenzioni sono in conflitto (pizza e birra o insalata?) percepiamo disordine nella nostra mente. In un prossimo post analizzerò i diversi tipi di intenzioni esistenti.

P.S. Il post lo scrivo da solo, l’immagine la prepara ChatGPT…

Tre tipi di obiettivi

Nel post precedente abbiamo stabilito che per vivere esperienze ottimali è importante darsi degli obiettivi. Secondo me è possibile individuare tre grandi categorie di obiettivi, e non due come dicono David Allen e Tiago Forte.

Il primo tipo di obiettivi è caratterizzato dall’applicazione a tempo indeterminato di un processo, come ad esempio “Voglio tenere casa pulita”. David Allen e Tiago Forte chiamano questi obiettivi “Aree di responsabilità”.

Il secondo tipo di obiettivi è caratterizzato dall’applicazione di un processo per raggiungere progressivamente un obiettivo che però continua a spostarsi in avanti, come ad esempio “Voglio imparare l’inglese”. David Allen e Tiago Forte non considerano questo tipo di obiettivi.

Il terzo tipo di obiettivi è caratterizzato da gruppi di azioni che nel loro insieme consentono di raggiungere un risultato in un istante temporale specificato, come ad esempio “Voglio vincere il torneo di briscola di sabato”. David Allen e Tiago Forte chiamano questi obiettivi progetti, e danno loro una grande importanza. Questi obiettivi generano però un problema; spostano nel futuro l’esperienza ottimale. Ci illudiamo che una volta concluso il progetto saremo felici, ma – nel caso migliore – la felicità è di breve durata e dobbiamo far partire subito un altro progetto.

Felicità, un altro punto di vista psicologico

Come probabilmente avete intuito in questo periodo la mia riflessione si è (temporaneamente) spostata dall’analisi delle tecniche e degli strumenti di organizzazione personale alla ricerca del motivo per cui dovremmo dotarci di un sistema di organizzazione personale. Più o meno tutti gli autori, David Allen incluso, ci dicono che dovremmo dotarci di un sistema per vivere meglio, e più o meno tutti quanti dicono che vivere meglio significa provare più pace, soddisfazione e gioia. David Allen chiama questa esperienza “esperienza produttiva”, mentre Mihaly Csikszentmihalyi chiama questa esperienza “Flow”.

David Allen dice che per raggiungere l’esperienza produttiva occorre applicare GTD®, Mihaly Csikszentmihalyi dice che per raggiungere il Flow è necessario applicare il processo che ho descritto nel post di ieri.

Ho trovato altri utili spunti in un’intervista di Andrew Huberman (neuroscienziato) a Paul Conti (psicologo esperto in benessere mentale). Secondo Paul Conti per provare più pace, soddisfazione e gioia è necessario partire da una posizione di agenzialità (Agency) e gratitudine. Agency fa riferimento alla nostra capacità di prendere decisioni autonome e di agire in base alle proprie scelte e convinzioni, mentre la gratitudine consiste nel riconoscere e apprezzare gli aspetti positivi della vita, sia che si tratti di eventi, persone o circostanze.

Trovo interessante come l’agenzialità sia presente in David Allen (“Command e Commander”) e in Mihaly Csikszentmihalyi, mentre nessuno dei due fa esplicitamente riferimento alla gratitudine.

Ma nell’intervista di Huberman a Conti c’è molto di più….

La Ruota della Vita

Credo conosciate tutti le Aree di Responsabilità, definite come responsabilità a lungo termine che desideriamo gestire nel tempo. Questo concetto è presente in Getting Things Done, nel metodo PARA e in Doing To Done, e probabilmente in molti altri metodi che non conosco. 

Ho scoperto di recente che il concetto è stato introdotto originariamente con il nome di “Ruota della Vita” negli anni ’60 da Paul J. Meyer. Meyer è stato il fondatore del Success Motivation Institute, ed è considerato da alcuni il pioniere dell’industria del Self-Improvement.

Numerosi studi scientifici (tra cui questo https://www.researchgate.net/publication/365375169_The_Wheel_of_Life_as_a_Coaching_Tool_to_Audit_Life_Priorities) dimostrano che si tratta di uno strumento valido per il miglioramento personale.

Lo strumento è molto semplice; si selezionano le aree ritenute più importanti nella propria vita (in genere Affari/Carriera, Finanze, Salute, Famiglia e amici, Relazioni sentimentali, Crescita personale, Divertimento e svago,  Ambiente fisico e Contributo) e si assegnano a ciascuna area due punteggi da uno a dieci; il primo indica il livello attuale di energia investita nell’area, e il secondo l’energia che si intende investire nella stessa in futuro. La differenza tra le due valutazioni può essere usata per individuare le proprie priorità. 

Fatemi sapere se funziona per voi!

Entrare nello stato di flow

Secondo David Allen il metodo Getting Things Done serve a trascorrere quanto più tempo possibile in uno stato chiamato “Esperienza produttiva”. Un concetto simile è stato espresso da Mihaly Csikszentmihalyi nel suo libro “Flow, the Psychology of Optimal Experience”. Csikszentmihalyi ha ideato un metodo per misurare in modo quanto più possibile oggettivo il livello di esperienza ottimale (flow) percepito dalle persone. 

Csikszentmihalyi ha anche proposto un processo in cinque passi per trasformare qualsiasi attività in un’esperienza ottimale; eccolo di seguito.

  1. Definire un obiettivo complessivo e quanti più sotto-obiettivi possibile
  2. Misurare il proprio progresso confrontandolo con gli obiettivi
  3. Mantenere la concentrazione e definire sempre meglio le sfide presentate dalle attività svolte per raggiungere gli obiettivi.
  4. Sviluppare le abilità necessarie a gestire le opportunità che si presentano durante lo svolgimento delle attività
  5. Rendere più difficile il compito se l’attività diventa noiosa

Pseudoscienza

All’inizio della mia ricerca sull’organizzazione personale, circa dieci anni fa, ero attratto da qualsiasi metodo, purché fosse chiaro e apparisse logico. Dopo molti anni ho capito che la logica non è sufficiente, perché si corre il rischio di cadere nella pseudoscienza. Questo termine fa riferimento a quelle credenze, metodologie o pratiche che si presentano come scientifiche, ma che non rispettano i metodi rigorosi e le verifiche empiriche che caratterizzano la scienza. Ecco alcuni indizi per riconoscere la pseudoscienza:

  • Nessuna verifica: Le pseudoscienze spesso si basano su teorie che non possono essere testate o verificate attraverso esperimenti riproducibili.
  • Non falsificabilità : In scienza, una teoria deve essere falsificabile, il che significa che deve essere possibile dimostrare che è falsa. Le pseudoscienze spesso presentano teorie che non possono essere falsificate.
  • Uso di aneddoti: Le pseudoscienze si affidano spesso a storie e aneddoti personali piuttosto che a prove scientifiche rigorose.
  • Nessuna peer review: Gli pseudoscienziati non pubblicano i loro risultati in riviste scientifiche sottoposte a revisione paritaria.
  • Rifiuto della critica: I sostenitori delle pseudoscienze spesso rifiutano o ignorano le critiche e le prove contrarie.
  • Uso di linguaggio scientifico senza sostanza: Le pseudoscienze possono utilizzare termini tecnici o scientifici senza aderire ai principi scientifici reali.

È doveroso ricordare che David Allen ha pubblicato una seconda edizione del suo GTD® nel 2015 con un capitolo aggiuntivo dedicato a raccogliere le prove scientifiche a supporto della bontà del metodo.