Negli ultimi anni assistiamo a una crescita incessante delle certificazioni professionali: nuove edizioni, rinnovi periodici, bundle di esami, micro-badge. Una macchina che non sembra arrestarsi.
Ma questo fenomeno non è nuovo. Già nel 1979 il sociologo Randall Collins, nel suo libro The Credential Society, aveva descritto questo meccanismo.
Credential inflation e credenzialismo keynesiano
Collins parlava di credential inflation e addirittura di “credenzialismo keynesiano”: un meccanismo in cui il sistema educativo e certificativo continua a produrre titoli come se fossero moneta, per sostenere l’occupazione e dare l’illusione di progresso.
Le certificazioni come moneta virtuale
Oggi le certificazioni funzionano sempre più come una valuta virtuale:
- si acquistano sul mercato della formazione,
- si spendono per ottenere un posto di lavoro migliore o un avanzamento di carriera,
- si accumulano in un portafoglio digitale di badge e attestati,
- si svalutano man mano che tutti le possiedono.
Il paradosso delle credenziali
Il risultato è paradossale:
- I titoli crescono di numero, ma si indeboliscono come segnale di competenza.
- Le organizzazioni richiedono sempre più certificazioni, senza che aumenti in proporzione il valore reale delle competenze.
- I professionisti si ritrovano intrappolati in un debito formativo che non si estingue mai.
Conclusione
La domanda resta aperta: stiamo davvero crescendo in competenza o stiamo solo alimentando un sistema in cui le credenziali sono diventate la nuova valuta del lavoro?