Logoterapia

Victor Frankl nel 1985

La logoterapia è una scuola di psicoterapia scientificamente fondata sulla convinzione che la ricerca di un significato anche in mezzo all’infelicità possa costituire una potenziale soluzione alla sofferenza umana. 

La scuola è stata fondata da Victor Frankl dopo la sua tragica esperienza nei campi di sterminio nazisti; nel 1942, appena nove mesi dopo il matrimonio, Frankl e la sua famiglia furono inviati nel campo di concentramento di Theresienstadt. Suo padre morì lì per fame e polmonite. Nel 1944, Frankl e i membri superstiti della sua famiglia furono trasportati ad Auschwitz, dove la madre e il fratello furono uccisi nelle camere a gas. La moglie morì successivamente di tifo a Bergen-Belsen. Frankl trascorse tre anni in quattro campi di concentramento. 

Secondo Frankl il significato può essere trovato creando un’opera, amando qualcuno o adottando un atteggiamento diverso nei confronti della sofferenza inevitabile. 

La logoterapia viene oggi utilizzata per diversi scopi, tra cui la cura delle dipendenze, del dolore e del senso di colpa, l’ansia, il lutto e la depressione. Man’s search for meaning, il libro che racconta le esperienze di Frankl nei campi di sterminio, ha venduto milioni di copie.

Generative drive

Un'illustrazione concettuale che rappresenta la produttività personale e le varie forme di motivazione in relazione al metodo GTD®. Al centro, una figura simbolica di una persona, circondata da rappresentazioni astratte dei tre tipi di motivazione: creatività e produttività simboleggiate da un bulbo luminoso e una pianta in crescita, assertività rappresentata da immagini di un leone e un'aquila in volo, e relax e gioia illustrati con un'amaca e un sole. L'immagine è equilibrata e armoniosa, trasmettendo il concetto di trovare un equilibrio e soddisfazione nella produttività personale e nell'impostazione degli obiettivi.

Oggi, come ogni lunedì, ho (ri)letto un capitolo di quello che secondo me è il libro più bello di David Allen, Ready for anything. Nel capitolo di oggi (il 50) David si chiede perché solo alcune persone sono attirate da GTD®, e decide che il metodo risulta più interessante per le persone dotate di uno slancio interno costante verso il futuro.

Si tratta di un punto di vista interessante, che secondo me merita una riflessione approfondita. Sono convinto che i metodi di organizzazione personale si differenziano dai metodi di organizzazione dei team per la maggiore importanza della motivazione; nessuno può obbligarci a fare qualcosa che non ci va di fare, a differenza di quello che accade al lavoro.

Ho però scoperto di recente che esistono diversi tipi di motivazione; ad esempio Paul Conti, che vi ho citato più volte, introduce tre tipi di motivazione, chiamati Generative Drive, Pleasure Drive e Aggressive Drive.

Generative Drive si riferisce in generale alla spinta verso la creatività, la produttività e la crescita, aggressive Drive si si riferisce all’assertività, all’ambizione e talvolta agli aspetti più distruttivi del comportamento, come la rabbia o l’ostilità, mentre Pleasure Drive riguarda la ricerca del piacere e l’evitare il dolore.

GTD® non fa differenza tra i tre tipi di motivazione, ma solo se la Generative Drive è più forte delle altre due possiamo trovare pace, soddisfazione e gioia. Un eccesso di Aggressive Drive, ad esempio, genera invidia.

Morale; non basta avere tante idee e tanti progetti per vivere un’esperienza ottimale, ma le idee e i progetti devono essere di natura prevalentemente generativa.

Struttura e funzione del sé

Struttura del sé

Ho ascoltato di recente con grande interesse quattro puntate del podcast Huberman Lab, in cui Andrew Huberman ha intervistato lo psicologo Paul Conti sul tema della salute mentale. Secondo Paul Conti è importante diventare consapevoli della struttura della propria coscienza (la struttura del sé) e delle funzioni della propria coscienza (le funzioni del sé). Vi riporto di seguito le componenti di ciascuno dei due elementi.

La struttura del sé

La struttura del sé si articola in cinque elementi; il sé, la struttura del carattere, i meccanismi di difesa, la mente conscia e la mente inconscia.

  1. Self: Il “Self” è il nucleo dell’identità di una persona. È la parte di noi che sentiamo essere il nostro “vero io”, la parte più autentica e costante del nostro essere. È la fonte della nostra sensazione di unicità e individualità.
  2. Character Structure: La struttura del carattere si riferisce al modo in cui una persona si è adattata e ha reagito alle sue esperienze di vita, in particolare durante i primi anni di sviluppo. Questa struttura include tratti di personalità, valori, convinzioni e modi abituali di rispondere alle situazioni. È in gran parte plasmata dalle nostre esperienze, dall’ambiente in cui cresciamo e dalle interazioni con le persone significative nella nostra vita.
  3. Defense Mechanisms: I meccanismi di difesa sono processi psicologici inconsci che proteggono l’individuo da ansia, stress o minacce percepite al proprio benessere psicologico. Includono comportamenti come la negazione, la repressione, la proiezione, e la razionalizzazione. Questi meccanismi aiutano a gestire il dolore emotivo e a mantenere l’equilibrio psicologico, ma possono anche limitare la nostra comprensione di noi stessi e delle nostre relazioni con gli altri se utilizzati eccessivamente o in modo inappropriato.
  4. Conscious Mind: La mente cosciente è la parte della mente di cui siamo pienamente consapevoli. Include tutto ciò che percepiamo, pensiamo, ricordiamo e sentiamo in un dato momento. È la parte della mente che utilizziamo per prendere decisioni razionali e logiche.
  5. Unconscious Mind: La mente inconscia, invece, è la parte della mente che opera al di fuori della nostra consapevolezza consapevole. Contiene ricordi, desideri, paure e conflitti che non sono facilmente accessibili alla coscienza, ma che influenzano comunque il nostro comportamento e le nostre emozioni. La psicoanalisi e altre forme di terapia psicologica cercano di esplorare e comprendere la mente inconscia per aiutare gli individui a risolvere conflitti interni e migliorare il benessere emotivo.

Le funzioni del sé

Il sé ha cinque funzioni; gli obiettivi, i comportamenti, la salienza, i meccanismi di difesa e la consapevolezza di sé.

  1. Strivings: Gli “strivings” si riferiscono agli sforzi o agli obiettivi che una persona persegue nella vita. Questi possono includere aspirazioni, desideri, bisogni e motivazioni. Sono le forze trainanti dietro molte delle nostre azioni e decisioni, influenzando il modo in cui ci comportiamo e interagiamo con il mondo.
  2. Behavior: Il comportamento è l’espressione esterna delle nostre strivings, pensieri, emozioni e caratteristiche della personalità. Include le azioni che compiamo, le parole che diciamo, e anche i nostri comportamenti non verbali. È attraverso il comportamento che interagiamo con il mondo esterno e che gli altri possono osservare e interpretare chi siamo.
  3. Salience (Internal & External): La “salience” si riferisce a ciò che è più significativo o prominente per l’individuo sia internamente che esternamente. Internamente, può riguardare i pensieri o le emozioni che dominano la nostra consapevolezza. Esternamente, si riferisce a come percepiamo e rispondiamo agli stimoli o agli eventi del mondo esterno. La salience influenza il modo in cui prestiamo attenzione e reagiamo a ciò che accade dentro e intorno a noi.
  4. Defense Mechanisms in Action: I meccanismi di difesa in azione sono strategie psicologiche inconscie utilizzate per proteggerci da ansia, stress o conflitti interni. Questi meccanismi possono manifestarsi nel nostro comportamento, influenzando come reagiamo alle situazioni e interagiamo con gli altri. Alcuni esempi includono la negazione, la proiezione, la razionalizzazione e la repressione.
  5. Self-Awareness (“I”): La consapevolezza di sé, o “I”, è la capacità di riflettere su se stessi, sui propri pensieri, sentimenti, motivazioni e comportamenti. È un aspetto critico del funzionamento del sé perché permette di comprendere meglio chi siamo, perché agiamo in un certo modo e come possiamo cambiare o crescere. La consapevolezza di sé è fondamentale per l’autoregolazione e lo sviluppo personale.

4000 settimane o 185 miliardi di esperienze?

Sto (ri)leggendo Flow – Psicologia dell’esperienza ottimale di Mihály Csíkszentmihályi, e sono stato colpito da alcune affermazioni sulla natura della nostra coscienza.

  1. La nostra vita è la somma delle nostre esperienze coscienti
  2. Le nostre esperienze sono limitate dalla capacità di elaborazione del nostro sistema nervoso, che sembra essere in grado di elaborare 7 bit di informazione contemporaneamente (su questo tema potete anche leggere The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on our Capacity for Processing Information, di George A. Miller)
  3. Secondo Csíkszentmihályi due esperienze possono essere discriminate solo se tra l’una e l’altra trascorre almeno 1/18 di secondo
  4. Un rapido calcolo ci porta a stimare in 185 miliardi il numero di esperienze che – almeno in teoria – possiamo provare in una vita intera.

Tutto ciò premesso mi sembra che concentrarsi sulla durata della vita (le famose 4.000 settimane di cui parla Oliver Burkeman nel suo libro “Come fare per avere più tempo”) sia meno interessante che concentrarsi sulla qualità delle esperienze che viviamo. Mi sembra anche che le 4.000 settimane di Burkeman ci spingano verso una “mentalità della scarsità”, ovvero ci portino a dire che la vita è breve; i 185 miliardi di esperienze da vivere, invece, ci possono spingere verso una “mentalità dell’abbondanza”, nella quale considerare che la vita può contenere una enorme quantità di esperienze significative.

Ah, ho chiesto a ChatGPT 4 di prepararmi un’immagine per questo post, spero vi piaccia….