La mappa della fiducia

Vi ricordate la mappa GTD-Q, quella in cui David Allen analizza il rapporto tra controllo e prospettiva, definendo i quattro quadranti vittima, micro-manager, crazy maker e Captain e Commander? Beh, negli ultimi giorni mi sono imbattuto nella “Confidence Map”, un modello sviluppato da Peter Atwater, ricercatore dell’università del Delaware, che sembra la versione 2.0 della mappa GTD-Q.

Atwater definisce la fiducia (confidence) come la presenza contemporanea di certezza e controllo; la certezza è definita come la consapevolezza di ciò che sta per accadere, mentre il controllo è definito come la nostra capacità di intervento in una specifica situazione. I quattro quadranti della matrice descrivono quattro realtà diverse, caratterizzate da comportamenti e culture diverse.

Partiamo da Stress Center, il quadrante caratterizzato da bassa certezza e basso controllo; si tratta di un luogo virtuale in cui individui, aziende o clienti possono trovarsi all’improvviso e senza alcuna preparazione. È lo stato in cui ci siamo trovati durante la pandemia COVID. Chi si trova nello Stress Center vuole uscirne al più presto possibile, e per farlo in genere si affida a un leader che promette di risolvere il problema. In questo modo manteniamo un basso livello di controllo, ma otteniamo maggiore certezza, e finiamo nel quadrante “Passenger Seat”.

Il quadrante “Passenger Seat” è pericoloso, perché sia nelle organizzazioni che nella politica tende a far emergere leader autoritari che si mettono “al volante”. Per questo motivo a un certo punto le persone nel “Passenger Seat” iniziano a sentirsi prigioniere, e possono decidere di barattare la sicurezza con il controllo facendo un salto nel quadrante “Launch Pad”.

Il quadrante Launch Pad è quello in cui sono finito – e in cui sono tuttora – quando ho iniziato a lavorare in E-quality Italia.

Come si fa, allora, a raggiungere il quadrante “Comfort Zone”? Le strade sono due; fare un sacco di pratica per aumentare la propria sicurezza, o chiedere aiuto a chi ne sa più di noi. Ma attenzione, perché questo quadrante rischia di indebolire il nostro spirito critico ed esporci ad errori…

E voi in quale quadrante vi trovate oggi?

Tiago Forte, ma cosa dici?

Visualizza-la-differenza-tra-la-memoria-di-lavoro-e-la-memoria-a-lungo-termine-negli-esseri-umani.

Oggi ho letto due brani di Tiago Forte che decisamente non condivido. Ecco il primo (originale in inglese, traduzione mia).

Ho preso in mano Getting Things Done di David Allen dopo averlo visto sulla libreria di un amico. In una delle prime pagine ho trovato una citazione che ha cambiato la mia vita: “La tua mente è fatta per avere idee, non per trattenerle”.
Una volta che l’ho capita, mi sono reso conto che era l’esatto contrario di tutto ciò che mi era stato insegnato. La scuola mi aveva insegnato a memorizzare fatti e a rigurgitarli a comando (….) Questa citazione mi ha insegnato un nuovo modo di vedere il mio cervello: come generatore di nuovi pensieri e idee, lasciando a qualcun altro il compito di conservarli.

Tiago Forte

Si tratta di un errore di interpretazione grossolano. Quando David Allen parla di mente sta parlando della nostra memoria di lavoro, non della nostra memoria di lungo termine. La nostra memoria di lavoro, come abbiamo detto più volte, riesce a trattenere pochi concetti per volta, e se la usiamo per le preoccupazioni e i pensieri ricorrenti non ne resta più per le attività più importanti. La nostra memoria di lungo termine, invece, ha una capacità pressoché illimitata, e noi non saremmo capaci di “generare nuovi pensieri e idee” se la nostra memoria non fosse piena dei concetti che abbiamo acquisito nel tempo. Sono sicuro che Tiago Forte non crede davvero in quello che scrive.

Il secondo brano è tratto dal libro “The PARA method”. Come al solito la traduzione è mia, il libro per ora è solo in inglese.

“Per decenni ci siamo chiamati “Knowledge Worker”, basandoci sul fatto che la conoscenza era la nostra risorsa principale. A più di sessant’anni dalla nascita di questo termine, l’era dei knowledge worker sta finalmente volgendo al termine. La conoscenza è diventata una commodity ed è stata resa universalmente accessibile, prima attraverso i motori di ricerca e ora grazie a un’intelligenza artificiale sempre più avanzata. Ciò significa che non c’è più alcun vantaggio nel conoscere un particolare pezzo di conoscenza. Stiamo entrando nell’era del lavoratore della saggezza.”

The PARA method, Tiago Forte

Ecco cosa c’è che non va:

1 – Ci chiamiamo Knowledge Worker perché utilizziamo la nostra conoscenza per produrre nuove informazioni o per aumentare la qualità delle informazioni esistenti, non perché la conoscenza è la nostra risorsa principale.

2 – Non è vero che la conoscenza è diventata una commodity, è l’informazione a essere diventata una commodity, e neanche sempre. Tra le due passa una differenza enorme; l’informazione è un dato registrato su un supporto, mentre la conoscenza rappresenta il sapere come agire in un determinato contesto.

Io conosco l’informazione E=mc2, ma non ho la minima idea di che cosa posso farci. In generale se non ho in testa una struttura di concetti a cui agganciare le informazioni che ricevo queste ultime sono del tutto inutili. E di conseguenza non è vero che possedere la conoscenza non fornisce alcun vantaggio.

GTD® come cantina dei vini

Nel suo Personal Kanban Jim Benson dice di essere fortemente contrario alle liste To-Do, dal momento che non permettono a chi le usa di comprendere chiaramente il contesto in cui si trova, e non consentono neanche di capire quanto lavoro sia stato portato a termine fino a questo momento.

Nonostante questo giudizio negativo sulle liste Jim Benson si dichiara un entusiasta di GTD®; come mettere insieme le due affermazioni? Semplice; Jim Benson utilizza GTD® come la “cantina dei vini” (parole sue) dei nostri progetti.

In pratica secondo Benson le attività che stiamo davvero portando avanti dovrebbero essere riportate sulle nostre kanban board, mentre le attività in attesa possono essere memorizzate in un insieme ben strutturato di liste.

Anche Jim Benson, come Leo Babauta, l’autore di Zen To Done (ZTD) vede in GTD® non tanto un sistema per portare a termine le nostre attività (“Getting Things Done”), ma un sistema per organizzare le cose che vorremmo fare (“Getting Things Organized”).

Natural Planning Model con ChatGPT

Una persona che si trova su un palco di fronte a un pubblico numeroso e che tiene una board Kanban trionfalmente sopra la propria testa.

David Allen lo chiama Natural Planning Model, Mike Williams lo chiama Project Clarity Map; in ambedue i casi è un processo che utilizziamo per generare una lista di azioni future e/o prossime azioni a partire da un risultato desiderato (progetto). I passi del processo secondo David Allen sono:

  1. Scopo e principi
  2. Visione
  3. Brainstorming
  4. Organizzare
  5. Prossime azioni

Si tratta di un esercizio utile per i progetti più complessi, e che si può fare anche in team; da oggi possiamo farci aiutare da Large Language Model come ChatGPT. Guardate cosa ho ottenuto oggi con Achieve AI, un’app gratuita disponibile sullo store di Chat GPT.

Io ho inserito il titolo di un progetto (più che un progetto al livello 1 è un traguardo a livello 3, ma il concetto è lo stesso):

Vorrei diventare il riferimento per la formazione e il coaching Kanban in Italia!

Luca

Ed ecco cosa ha risposto Achieve AI:

È un obiettivo davvero audace e stimolante diventare il punto di riferimento per la formazione e il coaching Kanban in Italia. Vediamo come possiamo strutturare questo percorso.

Visione a 10 Anni

Diventare il leader indiscusso nella formazione e nel coaching Kanban in Italia, riconosciuto per l’innovazione didattica, l’efficacia dei programmi formativi e la capacità di influenzare positivamente le organizzazioni e i professionisti nel settore.

Piano Triennale

Anno 1: Costruzione delle Fondamenta

  • Milestones:
    1. Ottenere certificazioni avanzate in Kanban.
    2. Sviluppare un curriculum di formazione unico.
    3. Avviare un blog/vlog per condividere insights e best practices su Kanban.
    4. Costruire una rete di contatti con professionisti e aziende interessate al Kanban.

Anno 2: Espansione e Riconoscimento

  • Milestones:
    1. Lanciare i primi corsi ufficiali e workshop.
    2. Ottenere recensioni positive e testimonianze.
    3. Iniziare collaborazioni con aziende per formazioni interne.
    4. Partecipare come speaker a eventi di settore per aumentare la visibilità.

Anno 3: Consolidamento e Innovazione

  • Milestones:
    1. Ampliare l’offerta formativa con corsi avanzati e specializzazioni.
    2. Creare una community online per supporto continuo e networking.
    3. Avviare una partnership con un’organizzazione internazionale Kanban.
    4. Innovare l’approccio formativo con tecnologie emergenti e metodologie interattive.

Milestones per Quest’Anno

  1. Ottenere certificazioni avanzate in Kanban: Iscriversi e completare corsi avanzati entro i prossimi 6 mesi.
  2. Sviluppare un curriculum di formazione unico: Definire i moduli principali del corso, includendo case studies e esercizi pratici, entro 9 mesi.
  3. Avviare un blog/vlog: Pianificare una strategia di contenuto e pubblicare i primi articoli o video entro 3 mesi.
  4. Costruire una rete di contatti: Partecipare a eventi di settore, incontri online e forum di discussione per iniziare a costruire una rete entro 12 mesi.

Compiti per Raggiungere i Milestones

  • Per le Certificazioni:
    • Ricerca dei migliori corsi disponibili.
    • Pianificazione dello studio e iscrizione ai corsi.
    • Dedicare ore settimanali allo studio.
  • Per lo Sviluppo del Curriculum:
    • Analisi dei bisogni formativi specifici del mercato italiano.
    • Sviluppo di moduli didattici e materiali di supporto.
    • Test dei materiali con un piccolo gruppo di professionisti per feedback.
  • Per il Blog/Vlog:
    • Definizione dei temi chiave e pianificazione dei contenuti.
    • Sviluppo di una routine di produzione e pubblicazione.
    • Promozione dei contenuti sui social media e tramite la rete di contatti.
  • Per la Rete di Contatti:
    • Identificazione di eventi, conferenze e forum rilevanti.
    • Partecipazione attiva e contributo con contenuti di valore.
    • Networking attivo e follow-up dopo gli incontri.

Ora, creerò un’immagine ispiratrice di te che celebra il raggiungimento del tuo obiettivo!

Ecco l’immagine ispiratrice del tuo traguardo! Immagina questo momento di successo e tienilo come punto di riferimento mentre lavori verso il tuo obiettivo. Ricorda che ogni passo che compi oggi ti avvicina a questa realtà. Se hai bisogno di ulteriori consigli o supporto lungo il tuo percorso, sono qui per aiutarti.

Achieve AI

Interessante, no? Cosa ne pensate?

P.S. ho già completato tre milestone su quattro dell’anno 1, ed è solo il 5 marzo…

Esperimenti di produttività individuale

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Esattamente un anno fa ho iniziato a utilizzare il metodo Bullet Journal come supporto alla mia applicazione del metodo GTD®. Insieme a GTD® e Bullet Journal ho studiato e sperimentato tecniche ed approcci provenienti da altri autori; Personal Kanban, di Jim Benson e Tonianne DeMaria Barry, DTD di Mike Williams e PARA di Tiago Forte, ma anche Francesco Cirillo con la sua Pomodoro Technique, Nir Eyal con il suo Indistractable., e tanti altri. In una nuova serie di post vi racconterò che cosa ne è uscito fuori.

Aree di responsabilità

Livello 2 degli orizzonti di attenzione GTD®, oggi lo uso molto meno. Secondo me le aree di responsabilità servono solo a verificare quanto tempo dedichiamo a ciascuna delle “fette” della nostra vita; senza farla tanto complicata tengo sotto controllo tre “fette” denominate Io, Famiglia e Lavoro, e verifico quanto tempo dedico ogni settimana a ciascuna fetta.

Calendario

L’uso che faccio del calendario è rimasto sostanzialmente inalterato. Uso Google Calendar, sincronizzato con iCal e con Todoist, per la gestione dei miei impegni quotidiani. Le persone che vogliono prendere un appuntamento direttamente sul mio calendario possono farlo utilizzando Calendly. Non uso appuntamenti a giornata intera. Applico le tecniche del Timeboxing e del Timeblocking, insieme alla Pomodoro technique (vedi più avanti).

Chiarire

Secondo passo del workflow GTD®, fino a un anno fa lo consideravo fondamentale, oggi non lo applico praticamente più. Consiste nel trasformare ciò che è stato intercettato (vedi) in modo da ricondurlo a sei categorie fondamentali; cestino, riferimento, incubazione, azione delegata, progetto, prossima azione. Oggi ciò che è stato intercettato resta nel mio diario giornaliero sul mio Bullet Journal (vedi) e viene eventualmente migrato in seguito (vedi) in un’altra pagina.

Liste 

In GTD® esistono quattro liste fondamentali (Progetti, Prossime Azioni, In attesa, Calendario) e due liste opzionali (Agenda e Un giorno / Può darsi). Un anno fa avevo tutte le liste su Todoist (vedi), oggi non ho più le liste GTD®, ma una sequenza di Diari Giornalieri (vedi) in cui registro azioni, note, stati d’animo ed eventi.  

Pomodoro Technique

Come sapete questa tecnica consiste nell’alternare intervalli di lavoro concentrato della durata di 25’ con pause della durata di 5’. Ogni quattro pomodori da 25’ faccio una pausa lunga di 20. Utilizzo come app a supporto di Pomodoro BeFocused, che sincronizza i miei dati su Mac, iPhone e Apple Watch. Di BeFocused trovo indispensabile il ticchettio dell’app che simula quello del pomodoro da cucina, e mi ricorda che non devo distrarmi. Sono anche molto utili i report del tempo che ho impiegato per svolgere una certa attività e che mi consentono di stimare la durata del mio lavoro con buona precisione. Il concetto di Workbeat in Doing To Done è molto simile (vedi).

Progetti

In GTD® un progetto è un risultato costituito da più passi che può essere raggiunto al massimo entro un anno.

La lista progetti è una delle liste fondamentali di GTD®; oggi come oggi la uso molto meno di una volta. Questo perché applico un suggerimento di Tiago Forte; un progetto è veramente tale se ha una data di scadenza fissa, altrimenti non è un progetto (secondo Tiago Forte è un sogno, non sono d’accordo). Il materiale relativo ai progetti è archiviato su cartelle della mia posta elettronica e/o su cartelle del file system del mio Mac, in accordo con la lettera P del sistema PARA (vedi)

Timeboxing

Questa tecnica consiste nel riservare un intervallo di tempo avendo deciso a priori per cosa si intende utilizzarlo. Utilizzo questa tecnica insieme alla tecnica Pomodoro (vedi)

Timeblocking

Questa tecnica consiste nel riservare un intervallo di tempo senza specificare per cosa lo si utilizzerà. In genere quando ho una giornata di tempo discrezionale a mia disposizione la blocco per evitare che persone richiedano appuntamenti utilizzando Calendly.

Workbeat

Tecnica proposta da Mike Williams in Doing To Done che consiste nell’individuare nel corso della giornata intervalli di tempo caratterizzati da un’intenzione specifica; gli intervalli possono durare cinque minuti, quindici minuti o più di quindici minuti. Ogni intervallo inizia in modo consapevole (IN), prosegue con l’esecuzione di un’attività specifica (DO) e termina con il riconoscimento di aver completato l’attività (WIN)

Thinking Mind e Observing Mind

Immagine con due volti che rappresentano il concetto delle due menti

Se conoscete Getting Things Done® conoscete anche il Mind Sweep®. Di che cosa si tratta? È un esercizio che tenta di catturare i pensieri ricorrenti presenti nella nostra mente, pensieri che rendono difficile la concentrazione e generano stress.
I pensieri ricorrenti non ci abbandonano mai; nella nostra vita di tutti i giorni continuiamo ad ascoltare il chiacchiericcio sempre presente nella nostra testa.
Se poi avete praticato la meditazione o la mindfulness sapete che si tratta di tecniche che hanno come obiettivo silenziare almeno per un po’ questo chiacchiericcio, cosa che ci dà un certo sollievo.
Se vi fermate a riflettere per un attimo scoprirete che tutte queste tecniche si basano su un concetto rivoluzionario; quello delle Due Menti. Durante in Mind Sweep® c’è una mente che pensa i pensieri ricorrenti, e c’è un’altra mente che si accorge dell’esistenza dei pensieri ricorrenti. Chiameremo la mente che pensa la Thinking Mind, e la mente che osserva la mente che pensa la Observing Mind.
Noi non abbiamo il pieno controllo della Thinking Mind, come dimostra il famoso esperimento dell’elefante rosa; se provi a dire a te stesso di non pensare ad un elefante rosa questo si materializzerà immediatamente nella tua mente. Abbiamo invece il pieno controllo della nostra Observing Mind. Gran parte dei nostri problemi emotivi e psicologici dipende dal fatto che non siamo capaci di distinguere le due menti. Distinguendo le due menti smettiamo di identificarci con la Thinking Mind, e questo porta notevoli benefici. Provate ad esempio ad osservare la differenza tra il pensiero “sono arrabbiato” e il pensiero “percepisco rabbia”. Nel secondo caso la Observing Mind conserva lo spazio e la chiarezza necessari per comprendere la fonte della rabbia, e decidere la migliore strategia di azione possibile.

Progetti GTD® ed esistenzialismo

Da qualche tempo a questa parte sto riflettendo sul concetto GTD® di progetto, ovvero “qualsiasi risultato che desiderate ottenere in un intervallo di tempo di circa un anno e che richiede più di un’azione per essere completato”. L’idea è intrigante, ma pericolosa; nel momento in cui individuiamo un possibile risultato ipotizziamo che questo ci renderà felici nel futuro, ma senza averne alcuna prova certa. Inoltre, anche se proveremo soddisfazione, questa sarà di breve durata, per il fenomeno dell’adattamento edonico. Ho scoperto di recente che il concetto di “progetto” per un individuo è fondamentale negli esistenzialisti, e in modo particolare in Heidegger e Sartre.

Per Heidegger, il concetto di “progetto” è centrale nella sua analisi dell’esistenza umana o “Dasein”. Nel suo “Essere e tempo”, Heidegger utilizza il termine “Entwurf” (che può essere tradotto come “progetto” o “bozza”) per descrivere come il Dasein è sempre già lanciato in un processo di autocomprensione e interpretazione del mondo. Il Dasein esiste progettando se stesso verso possibilità future; è essenzialmente in uno stato di divenire, determinato dalle scelte e dalle possibilità che persegue. Questo progetto non è qualcosa di statico ma è un processo dinamico attraverso il quale il Dasein si realizza nel mondo.

Jean-Paul Sartre, dal canto suo, pone un’enfasi particolare sulla libertà e sulla scelta individuale. Per Sartre, il “progetto” riflette l’essenza dell’esistenza umana come libertà di scegliere e di dare significato al mondo. Gli esseri umani sono condannati a essere liberi, il che significa che sono sempre impegnati nella creazione di se stessi attraverso i loro progetti. Questi progetti sono modi attraverso i quali gli individui trascendono la loro situazione attuale e si dirigono verso il futuro, costantemente definendo e ridefinendo il loro essere.

Confrontando queste idee con il punto di vista di GTD® mi sembra più opportuno pensare ai progetti come azioni, piuttosto che come punto di arrivo; invece di chiederci come potremmo essere in futuro dovremmo chiederci come dovremmo agire oggi. Che ne pensate?

Intention journal e GTD®

Il journaling è una tecnica potente, menzionata anche da David Allen. Leggete cosa scrive sulla home page di GTD® Connect, la community degli utenti del metodo (la traduzione è mia); “Da qui nasce questo Diario delle intenzioni. È il luogo in cui potete catturare le vostre immagini di successo e i fattori scatenanti che migliorano la prospettiva e farveli rivivere, ogni volta che lo desiderate. Possono spaziare dal banale (“avere il nuovo assunto a bordo e sul cruise control”) al sublime (“sperimentare la libertà di vivere in accordo con i miei valori più alti”) – è il vostro gioco da giocare come volete.

Tagliate e incollate le citazioni ispiratrici per vederle ogni quattro o quarantasette giorni. Attivate una nota tre giorni prima di un discorso chiave per ricordarvi di immaginare un evento di grande successo. Stabilite alcuni obiettivi e ricordateli a intervalli interessanti. Scrivete un paragrafo su ciò che sperate sia vero nel vostro lavoro entro la fine dell’anno, mettetelo nel diario e a Capodanno leggete quanto bene lo avete programmato (anche se vi siete dimenticati di averlo fatto!).”

Il metodo OHIO

Immagine che illustra il concetto di "Only Handle It ", applicato in modo specifico alla gestione delle e-mail.

OHIO sta per Only Handle It Once, gestisci le cose una volta sola. Il Metodo OHIO trae le sue origini dalla filosofia di gestione del tempo sviluppata dai primi pionieri come Ivy Lee e Alan Lakein, di cui vi ho parlato in un post dell’estate scorsa.

Ecco i passi del metodo:

Raccogliere: Raccogliere tutti i compiti, le e-mail, i documenti o altri input in arrivo in un’unica posizione, come un elenco di cose da fare o la casella di posta.

Valutare: Dare una priorità agli elementi in base all’urgenza, all’importanza o ad altri criteri pertinenti. Valutare l’importanza di ogni elemento per determinare l’azione appropriata necessaria.

Agire: Agire immediatamente su ogni voce, completandola, delegandola, programmandola per un secondo momento o scartandola se non è necessaria.

Organizzare: Archiviare o classificare in modo appropriato gli elementi completati o delegati per facilitarne il reperimento e la consultazione.

Rivedere: Rivedere regolarmente l’elenco dei compiti, la casella di posta o il sistema di archiviazione per assicurarsi che nulla venga trascurato o lasciato incustodito.

Vi ricorda nulla? Siamo almeno venti anni prima di #GTD

Chi sono davvero i Knowledge Worker?

immagine minimalista che illustra il concetto di Knowledge Work, rappresentando l'integrazione tra processi cognitivi e tecnologia in un ambiente lavorativo moderno.

David Allen, Tiago Forte, Cal Newport e molti altri autori di libri sulla produttività individuale giustificano lo sviluppo dei loro metodi con la diffusione del Knowledge Work e, di conseguenza, con il fatto che ci siamo trasformati in Knowledge Worker. Come ricordate abbiamo definito il termine Knowledge (conoscenza) come la capacità dell’individuo di affrontare specifiche situazioni (know-how), e di conseguenza un Knowledge Work è un lavoro in cui la conoscenza è importante, e un Knowledge Worker è un lavoratore che svolge Knowledge Work. Leggendo il libro “L’ottava regola” di Stephen Covey ho trovato una scomoda verità; noi non siamo Knowledge Worker “a prescindere”, ma lo siamo soltanto se la nostra azienda ritiene importante la nostra specifica, unica conoscenza. Mi è capitato, ad esempio, di sentir definire un gruppo di tecnici IT “Smart Hands Team”; in pratica lo scopo del lavoro di queste persone è quello di compiere le poche operazioni manuali che non si è riusciti ancora ad automatizzare e a compiere da remoto. In questi casi l’azienda cerca delle abilità, non della conoscenza, e non possiamo parlare di Knowledge Worker anche se le persone si occupano di tecnologia dell’informazione.