Information Overload

Una-rappresentazione-artistica-del-concetto-di-sovraccarico-informativo-in-cui-una-persona-e-seduta-davanti-a-un-computer-con-lo-sguardo-sopraffatto

Iniziamo con una definizione e un problema; l’Information Overload è la differenza tra le informazioni effettivamente disponibili e le informazioni che possiamo processare. Il problema è che secondo molti autori l’Information Overload genera stress, ansia, senso di sopraffazione.

La prima argomentazione arriva da Clay Shirky; ci sono sempre state più informazioni di quelle che siamo in grado di processare, e nessuno si è mai sentito stressato dal fatto che le biblioteche fossero piene di libri non letti. Il problema è che i nostri filtri non funzionano, e quindi siamo inondati da informazioni irrilevanti, nel mezzo delle quali si nascondono le informazioni utili; il vecchio problema dell’ago nel pagliaio.

La seconda argomentazione arriva da Nicholas Carr, ed è stata appena ripresa da Oliver Burkeman, l’autore di Four Thousand Weeks. Secondo Carr e Burkeman i nostri filtri funzionano fin troppo bene, e quindi siamo inondati da troppe informazioni utili. Non si tratta di cercare un ago in un pagliaio, ma di avere un mucchio di aghi delle dimensioni di un pagliaio. L’unica soluzione è rassegnarsi, non riusciremo mai a catturare tutte le informazioni interessanti.

Una terza argomentazione meno diffusa sul Web e che però mi ha fatto pensare arriva da A.J. Marr; l’Information Overload di fatto non esiste. Non siamo inondati da informazioni utili, ma di informazioni accuratamente progettate per suscitare la nostra curiosità, soprattutto facendo leva sul concetto di “novità” che cattura la nostra attenzione. Se ci limitassimo a catturare le informazioni che ci servono l’Information Overload scomparirebbe di botto.

Cosa ne pensate? Questo tema, apparentemente astratto, ha una ripercussione importante sui nostri sistemi di produttività individuale; cosa dobbiamo catturare e cosa dobbiamo lasciar perdere?

GTD® è obsoleto?

immagine che illustra il concetto di sfida nel cercare di trovare il tempo per tutto ciò che sembra importante

Leggo sempre con interesse libri e articoli critici nei confronti di Getting Things Done®. Tra i critici di David Allen che hanno più successo negli ultimi mesi c’è sicuramente Oliver Burkenham, che nel suo Four Thousand Weeks scrive “Il problema di cercare di trovare il tempo per tutto ciò che sembra importante – o solo per una parte sufficiente di ciò che sembra importante – è che sicuramente non ci riuscirete mai. Il motivo non è che non avete ancora scoperto i giusti trucchi per la gestione del tempo o che non vi siete impegnati a sufficienza, o che dovete iniziare ad alzarvi prima, o che siete generalmente inutili. È che il presupposto di fondo è ingiustificato: non c’è motivo di credere che vi sentirete mai ‘on top of things’ o che riuscirete a trovare il tempo per tutto ciò che conta, semplicemente facendo di più.”  

Quello che dice Burkenham è vero, siamo esseri limitati e non riusciremo mai a fare tutto quello che ci piacerebbe ma… questo non è affatto in contraddizione con GTD®! Lo stesso Allen dice infatti che l’efficacia di Getting Things Done® si misura con la nostra capacità di trascorrere del tempo a non fare niente.   

Non sono poi per niente d’accordo con l’approccio che Burkenham propone per migliorare la nostra vita; “Esiste un’alternativa: l’idea, poco di moda ma potente, di lasciare che il tempo si serva di voi, affrontando la vita non come un’opportunità per attuare i vostri piani di successo predeterminati, ma come una questione di risposta alle esigenze del vostro luogo e del vostro momento storico.” In pratica il segreto sarebbe quello di evitare di pianificare, rispondendo in modo reattivo a quello che accade. Una ricetta sicura per il disastro.