Chi sono davvero i Knowledge Worker?

immagine minimalista che illustra il concetto di Knowledge Work, rappresentando l'integrazione tra processi cognitivi e tecnologia in un ambiente lavorativo moderno.

David Allen, Tiago Forte, Cal Newport e molti altri autori di libri sulla produttività individuale giustificano lo sviluppo dei loro metodi con la diffusione del Knowledge Work e, di conseguenza, con il fatto che ci siamo trasformati in Knowledge Worker. Come ricordate abbiamo definito il termine Knowledge (conoscenza) come la capacità dell’individuo di affrontare specifiche situazioni (know-how), e di conseguenza un Knowledge Work è un lavoro in cui la conoscenza è importante, e un Knowledge Worker è un lavoratore che svolge Knowledge Work. Leggendo il libro “L’ottava regola” di Stephen Covey ho trovato una scomoda verità; noi non siamo Knowledge Worker “a prescindere”, ma lo siamo soltanto se la nostra azienda ritiene importante la nostra specifica, unica conoscenza. Mi è capitato, ad esempio, di sentir definire un gruppo di tecnici IT “Smart Hands Team”; in pratica lo scopo del lavoro di queste persone è quello di compiere le poche operazioni manuali che non si è riusciti ancora ad automatizzare e a compiere da remoto. In questi casi l’azienda cerca delle abilità, non della conoscenza, e non possiamo parlare di Knowledge Worker anche se le persone si occupano di tecnologia dell’informazione.

Deep Work vs. Shallow Work

immagine che simboleggia il contrasto tra il "Deep Work" e il "Shallow Work" secondo le descrizioni di Cal Newport

Cal Newport descrive in questo post https://www.calnewport.com/blog/2012/11/21/knowledge-workers-are-bad-at-working-and-heres-what-to-do-about-it/ le sue definizioni di Deep Work e Shallow Work.
In particolare il Deep Work è costituito da “attività impegnative dal punto di vista cognitivo che sfruttano la nostra formazione per generare risultati rari e preziosi, e che spingono le nostre capacità ad essere costantemente migliorate”, mentre lo Shallow Work è costituito da “compiti che quasi tutti, con un minimo di formazione, possono svolgere (risposte alle e-mail, pianificazione logistica, utilizzo dei social media e così via). Questo lavoro è attraente perché è facile, il che ci fa sentire produttivi, ed è ricco di interazioni personali, che ci piacciono”. Sempre secondo Cal Newport “questo tipo di lavoro (Shallow Work, ndt) è in definitiva vuoto. Non possiamo trovare vera soddisfazione in sforzi facilmente replicabili, né possiamo aspettarci che tali sforzi siano alla base di una carriera di rilievo”. In un altro post Cal Newport afferma che GTD® serve solo per lo Shallow Work, e dal momento che lo Shallow Work è in definitiva vuoto, allora GTD® non serve a niente. Secondo me l’intero ragionamento è superficiale; lo stesso lavoro può essere Shallow per una persona esperta, dal momento che molti processi cognitivi sono diventati automatici, e Deep per una persona inesperta, che è costretta a riflettere su ogni elemento di lavoro. Di conseguenza nessun giudizio di valore su queste due tipologie di lavoro è ammissibile, e GTD® risulta utile a chiunque per gestire più facilmente la parte Shallow delle proprie attività liberando così risorse per la parte Deep.