Tiago Forte, ma cosa dici?

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Oggi ho letto due brani di Tiago Forte che decisamente non condivido. Ecco il primo (originale in inglese, traduzione mia).

Ho preso in mano Getting Things Done di David Allen dopo averlo visto sulla libreria di un amico. In una delle prime pagine ho trovato una citazione che ha cambiato la mia vita: “La tua mente è fatta per avere idee, non per trattenerle”.
Una volta che l’ho capita, mi sono reso conto che era l’esatto contrario di tutto ciò che mi era stato insegnato. La scuola mi aveva insegnato a memorizzare fatti e a rigurgitarli a comando (….) Questa citazione mi ha insegnato un nuovo modo di vedere il mio cervello: come generatore di nuovi pensieri e idee, lasciando a qualcun altro il compito di conservarli.

Tiago Forte

Si tratta di un errore di interpretazione grossolano. Quando David Allen parla di mente sta parlando della nostra memoria di lavoro, non della nostra memoria di lungo termine. La nostra memoria di lavoro, come abbiamo detto più volte, riesce a trattenere pochi concetti per volta, e se la usiamo per le preoccupazioni e i pensieri ricorrenti non ne resta più per le attività più importanti. La nostra memoria di lungo termine, invece, ha una capacità pressoché illimitata, e noi non saremmo capaci di “generare nuovi pensieri e idee” se la nostra memoria non fosse piena dei concetti che abbiamo acquisito nel tempo. Sono sicuro che Tiago Forte non crede davvero in quello che scrive.

Il secondo brano è tratto dal libro “The PARA method”. Come al solito la traduzione è mia, il libro per ora è solo in inglese.

“Per decenni ci siamo chiamati “Knowledge Worker”, basandoci sul fatto che la conoscenza era la nostra risorsa principale. A più di sessant’anni dalla nascita di questo termine, l’era dei knowledge worker sta finalmente volgendo al termine. La conoscenza è diventata una commodity ed è stata resa universalmente accessibile, prima attraverso i motori di ricerca e ora grazie a un’intelligenza artificiale sempre più avanzata. Ciò significa che non c’è più alcun vantaggio nel conoscere un particolare pezzo di conoscenza. Stiamo entrando nell’era del lavoratore della saggezza.”

The PARA method, Tiago Forte

Ecco cosa c’è che non va:

1 – Ci chiamiamo Knowledge Worker perché utilizziamo la nostra conoscenza per produrre nuove informazioni o per aumentare la qualità delle informazioni esistenti, non perché la conoscenza è la nostra risorsa principale.

2 – Non è vero che la conoscenza è diventata una commodity, è l’informazione a essere diventata una commodity, e neanche sempre. Tra le due passa una differenza enorme; l’informazione è un dato registrato su un supporto, mentre la conoscenza rappresenta il sapere come agire in un determinato contesto.

Io conosco l’informazione E=mc2, ma non ho la minima idea di che cosa posso farci. In generale se non ho in testa una struttura di concetti a cui agganciare le informazioni che ricevo queste ultime sono del tutto inutili. E di conseguenza non è vero che possedere la conoscenza non fornisce alcun vantaggio.

Esperimenti di produttività individuale

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Esattamente un anno fa ho iniziato a utilizzare il metodo Bullet Journal come supporto alla mia applicazione del metodo GTD®. Insieme a GTD® e Bullet Journal ho studiato e sperimentato tecniche ed approcci provenienti da altri autori; Personal Kanban, di Jim Benson e Tonianne DeMaria Barry, DTD di Mike Williams e PARA di Tiago Forte, ma anche Francesco Cirillo con la sua Pomodoro Technique, Nir Eyal con il suo Indistractable., e tanti altri. In una nuova serie di post vi racconterò che cosa ne è uscito fuori.

Aree di responsabilità

Livello 2 degli orizzonti di attenzione GTD®, oggi lo uso molto meno. Secondo me le aree di responsabilità servono solo a verificare quanto tempo dedichiamo a ciascuna delle “fette” della nostra vita; senza farla tanto complicata tengo sotto controllo tre “fette” denominate Io, Famiglia e Lavoro, e verifico quanto tempo dedico ogni settimana a ciascuna fetta.

Calendario

L’uso che faccio del calendario è rimasto sostanzialmente inalterato. Uso Google Calendar, sincronizzato con iCal e con Todoist, per la gestione dei miei impegni quotidiani. Le persone che vogliono prendere un appuntamento direttamente sul mio calendario possono farlo utilizzando Calendly. Non uso appuntamenti a giornata intera. Applico le tecniche del Timeboxing e del Timeblocking, insieme alla Pomodoro technique (vedi più avanti).

Chiarire

Secondo passo del workflow GTD®, fino a un anno fa lo consideravo fondamentale, oggi non lo applico praticamente più. Consiste nel trasformare ciò che è stato intercettato (vedi) in modo da ricondurlo a sei categorie fondamentali; cestino, riferimento, incubazione, azione delegata, progetto, prossima azione. Oggi ciò che è stato intercettato resta nel mio diario giornaliero sul mio Bullet Journal (vedi) e viene eventualmente migrato in seguito (vedi) in un’altra pagina.

Liste 

In GTD® esistono quattro liste fondamentali (Progetti, Prossime Azioni, In attesa, Calendario) e due liste opzionali (Agenda e Un giorno / Può darsi). Un anno fa avevo tutte le liste su Todoist (vedi), oggi non ho più le liste GTD®, ma una sequenza di Diari Giornalieri (vedi) in cui registro azioni, note, stati d’animo ed eventi.  

Pomodoro Technique

Come sapete questa tecnica consiste nell’alternare intervalli di lavoro concentrato della durata di 25’ con pause della durata di 5’. Ogni quattro pomodori da 25’ faccio una pausa lunga di 20. Utilizzo come app a supporto di Pomodoro BeFocused, che sincronizza i miei dati su Mac, iPhone e Apple Watch. Di BeFocused trovo indispensabile il ticchettio dell’app che simula quello del pomodoro da cucina, e mi ricorda che non devo distrarmi. Sono anche molto utili i report del tempo che ho impiegato per svolgere una certa attività e che mi consentono di stimare la durata del mio lavoro con buona precisione. Il concetto di Workbeat in Doing To Done è molto simile (vedi).

Progetti

In GTD® un progetto è un risultato costituito da più passi che può essere raggiunto al massimo entro un anno.

La lista progetti è una delle liste fondamentali di GTD®; oggi come oggi la uso molto meno di una volta. Questo perché applico un suggerimento di Tiago Forte; un progetto è veramente tale se ha una data di scadenza fissa, altrimenti non è un progetto (secondo Tiago Forte è un sogno, non sono d’accordo). Il materiale relativo ai progetti è archiviato su cartelle della mia posta elettronica e/o su cartelle del file system del mio Mac, in accordo con la lettera P del sistema PARA (vedi)

Timeboxing

Questa tecnica consiste nel riservare un intervallo di tempo avendo deciso a priori per cosa si intende utilizzarlo. Utilizzo questa tecnica insieme alla tecnica Pomodoro (vedi)

Timeblocking

Questa tecnica consiste nel riservare un intervallo di tempo senza specificare per cosa lo si utilizzerà. In genere quando ho una giornata di tempo discrezionale a mia disposizione la blocco per evitare che persone richiedano appuntamenti utilizzando Calendly.

Workbeat

Tecnica proposta da Mike Williams in Doing To Done che consiste nell’individuare nel corso della giornata intervalli di tempo caratterizzati da un’intenzione specifica; gli intervalli possono durare cinque minuti, quindici minuti o più di quindici minuti. Ogni intervallo inizia in modo consapevole (IN), prosegue con l’esecuzione di un’attività specifica (DO) e termina con il riconoscimento di aver completato l’attività (WIN)

Chi sono davvero i Knowledge Worker?

immagine minimalista che illustra il concetto di Knowledge Work, rappresentando l'integrazione tra processi cognitivi e tecnologia in un ambiente lavorativo moderno.

David Allen, Tiago Forte, Cal Newport e molti altri autori di libri sulla produttività individuale giustificano lo sviluppo dei loro metodi con la diffusione del Knowledge Work e, di conseguenza, con il fatto che ci siamo trasformati in Knowledge Worker. Come ricordate abbiamo definito il termine Knowledge (conoscenza) come la capacità dell’individuo di affrontare specifiche situazioni (know-how), e di conseguenza un Knowledge Work è un lavoro in cui la conoscenza è importante, e un Knowledge Worker è un lavoratore che svolge Knowledge Work. Leggendo il libro “L’ottava regola” di Stephen Covey ho trovato una scomoda verità; noi non siamo Knowledge Worker “a prescindere”, ma lo siamo soltanto se la nostra azienda ritiene importante la nostra specifica, unica conoscenza. Mi è capitato, ad esempio, di sentir definire un gruppo di tecnici IT “Smart Hands Team”; in pratica lo scopo del lavoro di queste persone è quello di compiere le poche operazioni manuali che non si è riusciti ancora ad automatizzare e a compiere da remoto. In questi casi l’azienda cerca delle abilità, non della conoscenza, e non possiamo parlare di Knowledge Worker anche se le persone si occupano di tecnologia dell’informazione.

Prendere note in un contesto professionale

L'immagine rappresenta il concetto di prendere appunti in un contesto professionale, con un'atmosfera calma e focalizzata.

Siamo Knowledge Worker, il che significa che il nostro lavoro è basato sulla conoscenza. Per lavorare bene abbiamo bisogno di Knowledge Management. D’accordo con Tiago Forte abbiamo stabilito che il Knowledge Management  è una forma di comunicazione documentata con delle persone che avranno bisogno di informazioni in futuro. Fin qui tutto OK; adesso come si fa a catturare la conoscenza in modo che possa essere trasmessa? Risposta banale; prendiamo nota delle informazioni nuove e rilevanti con cui entriamo in contatto. Peccato però che nessuno di noi sia stato formato a questo scopo; siamo stati tutti formati per prendere note in ambito scolastico, non in ambito professionale. E l’ambito professionale è profondamente diverso da quello scolastico, per i seguenti motivi:

  • Nel modo del lavoro non è affatto chiaro cosa debba essere annotato.
  • Nessuno ci dice quando o come verranno utilizzate le note.
  • Il “test” può arrivare in qualsiasi momento e in qualsiasi forma. 
  • È possibile fare riferimento alle note in qualsiasi momento, a patto di averle prese.
  • Ci si aspetta che si agisca sulle proprie note, non solo che le si rigurgiti.

Morale; alla base di un sistema di Knowledge Management c’è la capacità di ogni membro dell’organizzazione di catturare informazioni sotto forma di note. Per catturare note in modo efficace c’è bisogno di un metodo. Io utilizzo da qualche tempo con successo il metodo Zettelkasten, definito nel secolo scorso dal sociologo Niklas Luhmann, che ha come obiettivo la creazione di una vera e propria rete di concetti. Quella che vedete in figura è la rappresentazione grafica della mia knowledge base implementata su Obsidian; vi farò vedere come funziona in uno dei miei prossimi post.

Knowledge Management

Here's an image illustrating the concept of Knowledge Management, visualizing it as a form of documented communication among individuals, integrating traditional learning methods with modern technology.

Quando sento parlare di Knowledge Management mi vengono in mente una serie di mega-progetti aziendali dall’esito generalmente fallimentare. Mi ha fatto riflettere Tiago Forte con la sua definizione di Knowledge Management, riportata nel libro “The Para Method”; il Knowledge Management è una forma di comunicazione documentata con delle persone che avranno bisogno di informazioni in futuro. In pratica ognuno di noi dovrebbe pensare a quali informazioni potrebbero essere utili a sé stesso e agli altri in futuro, e dovrebbe confezionarle in una forma tale da renderle effettivamente fruibili. A questo proposito Tiago Forte fornisce anche alcuni suggerimenti pratici:

  • Scrivere le informazioni in modo da renderle interessanti e catturare l’attenzione
  • Garantire che le informazioni fornite siano precise e chiare.
  • Scrivere le informazioni dal punto di vista del lettore
  • Scrivere le informazioni con l’obiettivo di aiutare le persone a risolvere un loro problema
  • Ispirare le persone ad agire