Che cos’è un habit?

Immagine astratta che rappresenta il concetto di abitudine. L'immagine illustra l'idea di cicli ripetitivi e la dualità delle abitudini, con texture e colori che simboleggiano le abitudini positive e negative.

Quanto tempo serve per creare un habit? E soprattutto che cosa intendiamo per habit?

Ho letto qualche tempo fa nella newsletter di Andrea Giuliodori questo testo e mi sono incuriosito:

“…quando si parla di abitudini i para-guru danno i numeri!

– “Per formare un’abitudine servono 21 giorni!”.

“No, ne servono 30”.

– “No, 66 è il numero magico”.

– “Macché, minimo 90 giorni!”.

Facciamo chiarezza.

Quelle sui 21 e 30 giorni sono fondamentalmente delle bufale.

In uno degli studi scientifici più seri condotto su questo tema è emerso che in media servono 66 giorni per formare una nuova abitudine e dopo 90 giorni di ripetizione continua qualsiasi abitudine tende a diventare permanente.”

Ormai ho imparato a non fidarmi di nessuno, per cui ho acquistato lo studio scientifico serio referenziato da Giuliodori e me lo sono letto, trovando che Andrea ha detto una quasi verità (i 66 giorni) e una bugia (dopo 90 giorni di ripetizione continua qualsiasi abitudine tende a diventare permanente). In realtà lo studio ha avuto una durata di 84 giorni, e nessun habit è diventato permanente per il 100% dei soggetti coinvolti (mediamente solo il 40% delle persone ha avuto successo).

A parte questi dettagli, però, ho scoperto una cosa interessante; cosa si debba intendere per habit. Un habit è un’associazione efficiente, inconsapevole, involontaria e incontrollabile tra uno stimolo e un’azione. In pratica vedo un cioccolatino abbandonato e lo mangio senza neanche accorgermene. In genere nel contesto dell’organizzazione personale desideriamo sostituire un habit in contrasto con i nostri obiettivi con un habit favorevole.

P.S. Sempre secondo Giuliodori un para-guru è “è un modo scherzoso per indicare quei guru, coach e formatori che spesso invece di formare i propri allievi, tendono a deformare la realtà per un proprio tornaconto personale.”

Don’t break the chain e GTD®

Lo sapete, Getting Things Done® è come la Settimana Enigmistica, vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Esaminiamo quindi gli approcci più interessanti, per vedere se possiamo prendere qualche spunto; oggi tocca a Don’t Break the Chain, attribuito al comico Jerry Seinfeld, e per questo chiamato anche Seinfeld Method.
Questo metodo ha come obiettivo impegnarci a portare a termine un’attività giornaliera per un periodo di tempo prolungato. Ogni giorno in cui si completa l’attività si segna una “x” sul calendario. In questo modo si costruisce una catena di “x” che si estende per giorni, settimane o mesi. Questa serie di risultati è sempre più gratificante e dissuade dall’interrompere la catena.
Ecco come implementare il metodo:

  1. Pensate a uno dei vostri obiettivi più importanti (quelli che trovate nell’orizzonte 3 di GTD®, ad esempio “dimagrire 20 chili”)
  2. Individuate un’attività giornaliera a supporto del vostro obiettivo, ad esempio “prendere nota del cibo che mangio” o “fare 10.000 passi”.
  3. Stabilite la lunghezza minima che volete dare alla vostra catena, ad esempio 100 giorni.
  4. Stabilite quali sono le condizioni per INFRANGERE la catena; fare 9.000 passi invece di 10.000 vale lo stesso o no?
  5. Scegliete lo strumento da utilizzare; un calendario su carta andrà benissimo, ma ci sono anche molte app a supporto del metodo.
    In realtà questo metodo non è una vera “alternativa” a GTD®, dal momento che GTD® non pone particolare attenzione alla creazione di abitudini (e questo secondo me è un difetto del metodo). Potete quindi affiancare Don’t Break the Chain al vostro abituale sistema GTD®.